Living Cinema

1960 // 1969 U.S.A.

In Il Tempo Ritrovato on 11 marzo 2024 at 15:46

Grazie alla diffusione mondiale della televisione, alla crescita di altre produzioni cinematografiche internazionali ed a causa anche di una sorta di decadenza intellettuale di Hollywood, l’industria americana perde parte della sua egemonia sul pubblico mondiale: nel 1960 produce non più di un sesto della produzione cinematografica mondiale, senza contare il Giappone e l’India. La pratica dello star System incomincia a perdere colpi e tutta una serie di cineasti, che emergono dopo una lunga gavetta televisiva, incominciano in questi anni a contestare il sistema cinematografico dal suo interno.

 Lewis All

Nel settembre del 1960 un gruppo di giovani registi, riuniti attorno al produttore Lewis Allen, costituisce il New American Cinema Group, con l’intento di rifiutare proprio gli stereotipi hollywoodiani. Un film in particolare consacra l’attore Paul Newman al grande pubblico, Lo spaccone (1961) unica pellicola davvero celebre di Robert Rossen.

Il 5 agosto del 1962 muore (suicida?) la maggiorata Marilyn Monroe, ed il suo ultimo film è Gli spostati (1961) di John Huston, nello stesso anno in cui è realizzato Biancaneve e i tre compari di Walter Lang, una delle poche parodie interpretata dagli Stooges, comici che riprendono i classici del genere che avevano già reso famosi i Fratelli Marx. 

Il mucchio selvaggio (1969)

Esordisce nello stesso anno il regista Sam Peckinpah, specializzandosi in un cinema che esplora la violenza, a partire dal film La morte cavalca a Rio Bravo (1961), poi con Sfida nell’Alta Sierra (1962), anche se il film che lo impone al pubblico e critica, e che verrà soprattutto considerato il caposaldo del nuovo western, è Il mucchio selvaggio (1969) caratterizzato ancor di più dall’uso narrativo della violenza. Il genere western è quello che subisce probabilmente un più evidente svecchiamento e riesce ad aggiornarne i temi malgrado le sue ormai figure archetipe (e lontane). Proprio su questo genere cinematografico è applicata infatti la più attenta critica da parte di un pubblico che assieme alla società sta cambiando, e che adesso riconosce nella corsa e conquista della frontiera l’estremo grado di violenza sociale (da parte dei colonizzatori bianchi), con il risultato di una riduzione del senso nazionale che proprio da questo mito era sostenuto.

The adventures of Lucky Pierre (1961)

Nel sottobosco del cinema di genere invece, il primo nudie cutie a colori realizzato in questo paese è The adventures of Lucky Pierre (1961) di Herschell Gordon Lewis. L’anno dopo il regista John Huston dirige Freud, passioni segrete (1962) su sceneggiatura del filosofo Jean-Paul Sartre

Jonas Mekas

Due anni dopo aver dato vita al New American Cinema GroupJonas Mekas nel 1962 fa seguire la New York Film Makers’ Co-operative [1] che presto diventa meta della maggior parte dei filmmakers, registi socialmente impegnati che scelgono di operare fuori delle strutture commerciali controllate dalle grandi compagnie, caratterizzando i loro lavori generalmente dall’uso di mezzi ridotti [2]. Il movimento dei filmmakers genera soprattutto quello che poco dopo verrà definito il cinema undergound, quello dei bassi fondi, un cinema che sceglie di portare la realtà sul grande schermo, rivendicando la povertà dei mezzi di produzione contro il pomposo sistema produttivo di Hollywood.

Dog Star man (1961)

La definizione di cinema undergound deve il nome al fatto di essere un cinema più o meno clandestino, che ha molte affinità con il movimento beatnik, e che sceglie di trattare principalmente argomenti legati alla sfera sessuale, elementi più facili da trovare a New York, lontano dalle grandi produzioni. Il cinema underground infatti nasce dalle parti della Grande Mela: l’atmosfera carbonara obbliga i cineasti a fare di necessità virtù, costringendoli speso alla precarietà realizzativa, elemento che e al tempo stesso ne stimola lo spirito anarchico e liberatorio. Nonostante tutte queste fascinazioni, la rivoluzione underground si mostra comunque in un ambito ristretto e privilegiato, tra coloro cioè che già sanno [3], come il regista Stan Brakhage che con Dog star man (1961) realizza la sua opera migliore, mentre I fucili degli alberi (1962) di Jonas Mekas per lungo tempo verrà considerato quasi una summa della filosfia beat [4]. Mostrando una forte propensione al cinema fisico, il regista Arthur Penn porta in scena un dramma fortemente violento come quello di Anna dei miracoli (1961).

Blood Feast (1963)

Mentre questo cinema d’autore prende le distanze dalla grande produzione hollywoodiana, un cinema ancor più nascosto produce in questi anni il primo splatter movie della storia del cinema: Blood feast (1963) ancora di Herschel Gordon Lewis, nello stesso anno nel quale il regista realizza anche il primo rough movie, un cinema con violenza immotivata e irrazionale, mostrata nel suo Scum of the heart (1963).

Living Theatre

Tornando al cinema underground newyorkese, è di questi anni anche il film The brig (1964) di Jonas Mekas, con la partecipazione del Living Theatre, il più importante gruppo teatrale d’avanguardia di questo decennio.

Sleep (1964)

Partecipa a questa nuova corrente anche un idolo sacro della pop art, dell’arte commerciale, che spinge sull’antinarratività dell’oggetto filmico e propone folli parodie di modelli hollywoodiani: l’artista Andy Warhol realizza in questo decennio diversi film tra i quali Sleep (1964) ed Empire (1965) caratterizzati entrambi dall’uso della macchina da presa immobile e la totale mancanza di azione nei soggetti scelti. Quando i film underground cominciano a circolare a metà degli anni Sessanta, ci sono soprattutto due filoni più prolifici degli altri: quello con scene di sesso e quello legato alle arti figurative, spesso con colori senza riferimenti naturalistici [5].

Sono questi gli anni in cui il presidente John F. Kennedy, esattamente il venerdì 22 novembre 1963 a Dallas, in Texas, vien assassinato.

Il Grande Sentiero (1964)

Ma anche gli anni delle questioni razziali e politiche (la guerra in Vietnam soprattutto), argomenti che infiammano la contestazione giovanile fino ai movimenti politici del ’68. Circa la questione razziale, il regista John Ford realizza due tra le più importanti pellicole sulla tema, una sui neri con I dannati e gli eroi (1960) e una sugli indiani nativi d’America con Il grande sentiero (1964).

Il Buio Oltre La Siepe (1962)

Altre pellicole indagano invece gli attriti della quotidianità sociale come Il buio oltre la siepe (1962) di Robert Mulligan, che affronta il tema della diversità, e La caccia (1966) di Arthur Penn.

Il Dottor Stranamore (1963)

La questione della guerra come abbiamo scritto sopra, incalza soprattutto nell’opinione pubblica, ed oltre a spingere gli studenti universitari nelle piazze, spinge anche qualche regista ad assumere una più consapevole posizione sull’argomento. Ancora una volta è Stanley Kubrick a realizzare l’opera centrale su questo tema con Il dottor Stranamore (1963) interpretato da un eccezionale Peter Sellers

Motorpsycho! (1965) di Russ Meyer è invece uno dei primi film a mettere in evidenza il rapporto tra violenza e Vietnam attraverso la figura del reduce, che diventa presto un vero prototipo, personaggio, iconografia della cinematografia nazionale. Yoko Ono la futura compagna di John Lennon (leader dei Beatles) partecipa nello stesso anno ad un film di sottogenere come Satan’s bed di Michael Findlay.

Alcuni film, diversamente da quelli appena citati, sposano invce la causa della guerra, tra i quali il reazionario Berretti verdi (1968) di John Wayne.

Gangster Story (1967)

Nel genere gangster è Gangster story (1967) di Arthur Penn una delle pellicole più cellebri che ricorre all’uso della violenza a fine narrativo.

Oltre alle questioni di politica estera nelle quali gli Stati Uniti sembrano letteralmente imbrigliati senza una concreta e pacifica via d’uscita, è anche il fenomeno degli hippies a guadagnare man mano terreno, assieme alla più recente beat generation, movimento che si espande sia a livello culturale che a livello cinematografico.

Easy Rider (1969)

Manifesti di questa tendenza tutta americana sono le pellicole Alice’s restaurant (1969) di Arthur Penn ed Easy rider – libertà e paura (1969) di Dennis Hopper.

Il genere musical in questi anni continua ad andare in sala con le stesse identiche funzioni per le quali era nato: distrarre il pubblico dagli avvenimenti più importanti. Simboli di questa tendenza sono pellicole come West side story (1961) di Robert Wise e Mary Poppins (1964) di Robert Stevenson

Al contrario Lonely boy (1961) di Wolf Koenig e Roman Kroitor, un documentario sul cantante Paul Anka, apre la strada ad altri prodotti musicali, spesso documentaristici, tra i quali il film-concerto Monterey pop (1969) di Donn Alan Pennenbaker.

Il Laureato (1967)

In quest’interesse del cinema nella musica, una pellicola in particolare segna una nuova tendenza nella costruzione della colonna sonora: Il laureato (1967) di Mike Nichols utilizza quasi esclusivamente brani commerciali già editi, capovolgendo il senso narrativo della musica composta appositamente per le immagini. La pellicola consacra anche l’attore Dustin Hoffman come nuovo modello, non eccessivamente bello ma carismatico, perfetto antieroe dello star system.

Psyco (1960)

Anche genere horror subisce un importante processo di svecchiamento, con lo spostamento del suo elemento terrificante nella più immediata realtà quotidiana: capostipite di questo horror moderno è Psyco (1960) di Alfred Hitchcock il quale con il successivo Gli uccelli (1963) segna il passaggio definitivo dal giallo all’horror tout court, dove non è più necessario trovare un colpevole nella storia ma mettere in scena uno stato d’angoscia.

Rispetto al genere, alcune delle pellicole più forti sono anche Che fine ha fatto Baby Jane? (1962) e Il corridoio della paura (1963) di Samuel Fuller, ma è il film Rosemary’s baby – nastro rosso a New York (1968) di Roman Polanski a toccare il vertice più alto d’inquietudine, almeno fino a che non esce nelle sale La notte dei morti viventi (1968) di Geroge A. Romero il quale segna la strada dell’horror metropolitano (conosciuto anche come new horror).

Tra i diversi generi cinematografici, si segnala in questo periodo un sottogenere sadico di natura erotica che contribuirà alla diffusione di una particolare tendenza: il nazi movieCamp 7: lager femminile (1968) di Lee Frost è il capostipite di questo sottogenere a metà strada tra un film di guerra, gore e sexy.

The murder of Fred Hampton (1968)

Tra gli avvenimenti che segnarono gli anni della contestazione, il cinema americano come si è detto ha subito anche uno spostamento del centro produttivo e artistico verso la città di New York, dove l’occhio del cinema sceglie di guardare di più agli emarginati attraverso registi come Shirley Clarke con The connection (1961) sul mondo della tossicodipendenza, o film come The murder of Fred Hampton (1968) di Mike Gray sull’uccisione di due esponenti delle Black Panthers per mano della polizia di Chicago.

In the year of the pig (1968)

L’opera più rivoluzionaria ed impegnata politicamente di questi anni è però In the year of the pig (1968) di Emile de Antonio, ancora sulla guerra in Vietnam.

Il regista Sydney Pollack esordisce con La vita scorre sul filo (1965) mentre Il primo nudo di Hollywood è di una ragazza di colore nel film L’uomo del banco dei pegni (1965) di Sidney Lumet.

Il 15 dicembre 1966 muore di cancro il regista e produttore Walt Disney, padre del cinema d’animazione americano.

Robert Kramer

Il 1967 invece è la data in cui per la prima volta si sente parlare del movimento dei The Newsreel che si specializza nell’uso della camera a mano, d’immagini sgranate, montaggio che intralcia la recitazione, uso della tecnica documentaria, riflessioni sui mezzi espressivi, low budget e rivendicazioni politiche. Esponente di maggior rilievo di questa corrente è Robert Kramer.

Senza un attimo di tregua (1967) di John Boorman anticipa i temi del complottismo sviluppati poi nel decennio seguente con un intero filone, spesso come sottogenere dello spy movie.

A seguito della contestazione giovanile ed universitaria, il successivo presidente degli Stati Uniti Barry Lindon Johnson è costretto a dimettersi nel 1968, anno in cui esce in sala il film d’esordio di Robert AltmanConto alla rovescia (1968).

Alla fine del decennio si vedono finalmente i primi effetti della legge antitrust votata quasi vent’anni prima: le grandi majors sono costrrette a smantellare gran parte del loro monopolio. In questi anni l’attore Bruce Lee incomincia a realizzare film di kung-fu che presto diventeranno, grazie al suo trasferimento in Oriente, colonna portante di gran parte della cinematografia action di Hong Kong.

Prendi i soldi e scappa (1969)

Il 7 ottobre 1968 entra in vigore il nuovo sistema di riclassificazione delle pellicole, una riforma sulla vedibilità e la circolazione dei prodotti, dove per la prima volta viene consigliata l’età adatta alla visione.

Dopo anni di gavetta come umorista, esordisce il regista Woody Allen nella commedia Prendi i soldi e scappa (1969).

Dopo quasi dieci anni di ritardo sui progressi scientifici spaziali dell’Unione Sovietica, per gli Stati Uniti arriva il sorpasso nella conquista allo spazio: l’astronauta Neil Armstrong, imbarcato sulla nave spaziale Apollo 11, mette il primo piede sulla luna il 20 luglio 1969.

Il decennio si chiude però anche con una delle più grosse tragedie hollywoodiane: la banda di Charles Manson irrompe nella villa del regista d’origini polacche Roman Polanski, quel giorno assente, e massacra tutti i presenti, compresa la giovane moglie Sharon Tate, attrice incinta.  


[1] Andy Warhol & Pat Hackett. Pop. Meridiano zero. pg. 34

[2] Massimo Moscati. Breve storia del cinema. Bompiani. 

[3] Roberto Curti e TommasonLa Selva. Sex and violence. Lindau. pg.183/4

[4] Goffredo Fofi. I grandi registi della storia del cinema. Donzelli. pg. 207

[5] Intervista di Ettore Cecchi al regista John Waters, pubblicata sul settimanale FilmTV anno 13, n° 18. 

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