
Il buco (1960)
Durante i primi anni di questo decennio Jacques Becker conclude la sua carriera con quello che da molti è considerato il suo miglior film, Il buco (1960). Continua invece la lunga fila d’esordi eccellenti sulla cresta della Nouvelle vague con film come Fino all’ultimo respiro (1960) di Jean-Luc Godard (che diventa il nome guida del cinema degli Anni Sessanta), Donna di vita (1960) di Jacques Demy e Cleò dalle 5 alle 7 (1962) di Agnès Varda. È grazie alla Nouvelle vague che nasce finalmente la figura dell’autore (il regista che firma il film) responsabile della sua opera, all’opposto di quello che invece accade negli Stati Uniti dove il film è ancora un semplice prodotto commerciale, per la maggior parte in mano al produttore.

Charles De Gaulle
A dirla tutta, in questi anni il governo presieduto da Charles De Gaulle introduce una tassa speciale per finanziare il cinema nazionale e contrastare quello di Hollywood ed è così che molti giovani autori possono avvicinarsi alla settima arte. Trattandosi poi di una corrente cinematografica che predilige bassi costi di produzione e fette di mercato marginali, l’ondata/vague di esordi in questo periodo è così elevata perché ci si può permettere azzardosi lanci cinematografici, che si rivelano però molto fruttosi non solo da un punto di vista commerciale quanto soprattutto da quello intellettuale.

Fino all’ultimo respiro (1960)
Il film d’esordio di Jean-Luc Godard per esempio rinnova ulteriormente il genere polar, guardando oltre i poliziotti ed i gangster e cercando sempre più tra la gente comune i suoi protagonisti. In questo periodo anche il genere noir assume un suo carattere specifico prendendo distanza da quello appunto hollywoodiano, anche perché il mondo malavitoso francese non ha la stessa prepotenza sanguinaria di quello d’oltreoceano.
È invece con il film Chronique d’un eté (1961) di Jean Rouch e Edgar Morin che viene coniato in questo paese il nome Cinéma Vérité, che fa riferimento alla scuola documentaristica con l’introduzione però di una trama a soggetto (diverso nella forma e nei contenuti del cinema underground statunitense, cui spesso viene associato). Questo tipo di cinema si diffonde soprattutto grazie al supporto di nuove scienze come la sociologia e l’etnografia, che fanno sì che molti studiosi scelgano la macchina da presa per approfondire i propri studi.
Viene prodotto in questo paese il primo film softcore europeo, L’éternité pour nous (1963) di José Bénazéraf mentre la filmografia di Jean-Luc Godard si arricchisce di film apolitici ai limiti dell’anarchia cinematografica come Bande à part (1964) o Agente Lemmy Caution, missione Alphaville (1965). Gli Anni Sessanta in Francia sono anche gli anni in cui altre correnti cinematografiche minori trovano spazio, soprattutto quelle ancora legate all’avanguardia o alla contestazione al processo cinematografico vero e proprio (produzione e mercato) come la corrente dell’Ecole du regard. Di questa scuola, anche se poi si allontanò, uno dei più conosciuti è il regista Alain Robbe-Grillet che nel 1966 gira Trans-Europ-Express.
Oltre questa scuola si sviluppa principalmente nei caffè parigini anche il Movimento Panico, un movimento post-surrealista, nato con il trio composto dallo spagnolo Fernando Arrabal, dal cileno Alejandro Jodorowski e dal francese Roland Topor. Il cinema di Jean-Luc Godard invece ha una importante svolta a metà del decennio e prova ad affrontare i grandi temi politici e culturali del paese realizzando nello stesso anno La cinese (1967) e Week-end (1967).
Luis Buñuel ritorna dalla sua esperienza in Messico e realizza in questo paese Bella di giorno (1967) con l’attrice Catherine Deneuve. La migliore pellicola del regista François Truffaut di questi anni è probabilmente Il ragazzo selvaggio (1969) mentre quella di Claude Chabrol è Il tagliagole (1969), entrambe uscite in sala nello stesso anno in cui il presidente Charles De Gaulle si dimette.
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