Devo dire che già dai suoi primi film Gaspar Noé mi aveva abituato a tutto, dalla pedofilia allo stupro alla violenza e la vendetta. Non mi ha stupito dunque il suo ultimo lavoro, forse il più quieto della sua filmografia, anche se comunque ha una natura di base come sempre provocatoria: Love (2015) è difatti un mezzo porno.

Ecco l’impero dei sensi (1976)
La maggior parte dei cinefili potrebbe criticare il fatto che una così continua presenza di scene sessuali esplicite ci sia anche in capolavori come per esempio i film di Nagisa Ōshima per esempio (e non considerati pornografici) ma è vero anche che in questo caso la maggior parte dei rapporti sessuali sembra meno legata al percorso dei due protagonisti di come lo sia invece nel film più famoso del regista giapponese Ecco l’impero dei sensi (1976) e dove il più delle volte l’atto sessuale segna il passo del percorso personale del protagonista.

Irreversibel (2002)
Questo non preclude che in Love ci sia una storia anzi, forse è uno dei film di Noé con una narrazione più chiara e semplice da seguire, quasi ben scritta: l’ossessione di un americano per una ragazza francese, che incomincia da un presente infestato di rimorsi e pensieri solitari e prosegue all’indietro (come in Irreversibel (2002) sempre di Noé, del quale ricorda anche nell’uso dell’illuminazione rossa) in quello che è un rischioso e appassionato camminare attraverso la memoria, per andare a chiudersi in una gabbia dalla quale l’amore non può più evadere.
Purtroppo ho visto la versione (doppiata) italiana, e devo dire che il personaggio femminile di Electra (Aomi Muyock) soffre un appeal un po’ troppo forzato (sussurra tutto il tempo) un po’ come le donne del cinema francese della Nouvelle Vague, mentre il personaggio di Murphy (Karl Glusman) sembra più convincente e riuscito.

Nymph()maniac (2014) di Lars Von Trier
L’idea godardiana del frequente uso dell’interruzione a nero rimanda ancora una volta alla Nouvelle Vague. Le scene di sesso invece, sdoganate ormai al grande pubblico contemporaneo nelle più recenti provocazioni cinematografiche di Lars Von Trier si celebrano da sole nell’uso del ralenti e di una fotografia (come sempre) molto elaborata.
Niente di nuovo sotto la luce rossa di Gaspar Noé, forse solo una narrativa più concreta.
buona visione.