Siamo rimasti un poco delusi da Where to invade next (2015), ultima fatica di Michael Moore, e non usiamo il termine fatica impropriamente o banalmente come nella maggior parte delle prime righe delle recensioni di film, ma perché così davvero ci è apparso Moore: affaticato.
Il pretesto narrativo del film infatti, non vale nemmeno il gioco linguistico del titolo, e così l’idea dell’invasione (largamente supportata dall’immagine del condottiero con tanto di bandiera stelle e strisce) si perde in una ricerca che con il cinema questa volta ha davvero poco a che fare.
Gli intenti, difatti, sono falsati sin dall’inizio, ma almeno sinceramente dichiarati: Moore fa un giro in Europa per trovare, nei singoli paesi dell’Unione, solo il bello, ovvero quegli elementi democratici che, una volta sottratti, possono tornare utili ad un nuovo percorso degli ormai stanchi Stati Uniti d’America…. ma perché? chi è l’antagonista questa volta? Ad un certo punto ce lo ricorda lui, quando spunta a caso il nome di George W. Bush… come fanno gli anziani quando si ricordano le loro grandi battaglie.
Un po’ vecchio l’antagonista, un po’ stanco l’approccio, tanto che alla fine, con molta sincerità, Where to invade next sembra più un mondo movie sulle idee ed i principi democratici dell’Occidente, che un vero documentario.
Il filo che tiene tutto legato è debole e dopo un po’, in questo costoso sogno brandizzato (i cui loghi, specialmente quelli Made In Italy, non ripeteremo in questo articolo) si sfilaccia di fronte ai concreti problemi della vita quotidiana di ogni singolo europeo. Ma di questo, aveva già chiesto scusa all’inizio del film.
Visto dalla nostra prospettiva, quella europea, è sicuramente un sincero gesto d’amore ideologico realizzato da un intellettuale non europeo, alla ricerca di quei valori che gli Stati Uniti hanno dimenticato. Purtroppo tutto questo, vale quanto una buona puntata di Report.
Probabilmente il difetto principale sta in una idea partita fortissima (l’incontro con i militari all’inizio è davvero folgorante come prologo) ma che poi rotola su se stessa.
buona Europa.