In Gran Bretagna il cinema sembra non riuscire a sviluppare una strada propria anzi, regredisce notevolmente a causa del primo conflitto mondiale nonostante questo sia uno dei primi paesi dotato di vere sale cinematografiche. In mancanza di produzioni autoctone, la Gran Bretagna è costretta ad una massiccia importazione di pellicole statunitensi. Il più autorevole autore di questo periodo è però Cecil M. Hepworth, il quale non è molto più che un fotografo, e poco interessato quindi a dare ritmo al racconto [1]. Per garantirsi un’autonomia dalle pressioni autoritarie dello stato inglese, i produttori si riuniscono nel 1911 per dar vita al British Board of Film Censors. Nell’agosto del 1914 il paese dichiara guerra alla Germania dopo che questa ha occupato il Belgio.
In Danimarca il periodo della Prima Guerra Mondiale favorisce la proliferazione e la distribuzione di pellicole locali che man mano guadagnano un piccolo spazio sul mercato estero, specialmente in Germania. A renderle in un certo senso diverse dai prodotti di altri paesi, è la consapevolezza dell’immagine, poiché la maggior parte dei registi danesi non utilizza il metodo teatrale ma piuttosto quello rappresentativo dell’immagine completa. Per dirla con le parole di Jean Mitry, l’intenzione dei danesi è quella di esprimere la realtà, non di rappresentarla [2]. Grazie al loro cinema guadagna quindi molta importanza la scenografia come elemento del linguaggio cinematografico.
In Polonia terminata la Prima Guerra Mondiale, nel 1919 il paese diventa una Repubblica (grazie soprattutto alla dissoluzione dell’impero zarista) e le sono riconsegnate le terre di lingua polacca occupate dai tedeschi, grazie al Trattato di Versailles. Il cinema è in realtà già attivo da qualche anno ed in questo decennio si afferma l’attrice Pola Negri (nome d’arte di Barbara Apolonia Chalupiec), lanciata dal regista Alexandr Hertz, da molti considerato il padre del cinema polacco. Il suo successo è legato però a quello di un altrettanto famoso regista pioniere del cinema polacco attivo già in questi anni: Ernst Lubitsch.
In Svezia la cinematografia nasce associata al gusto per l’arte. La creazione della casa di produzione Svenska di Charles Magnusson dà vita alla cinematografia nazionale. I primi accenni all’espressionismo tedesco sono presenti nei film Herr Arnes pengar (1919) di Mauritz Stiller e inVem Dörem (1919) di Victor Sjöström.
La Finlandia si costituisce nazione al termine della Prima Guerra Mondiale dopo che nella precedente pace di Brest-Litovsk, questi territori erano stati strappati dalla Germania alla Russia. In questo decennio la produzione si limita a sole tre pellicole.
In Spagna nonostante vi sono in questo decennio quasi novecento sale cinematografiche e le prime piccole case di produzione, il cinema riflette la condizione di paese culturalmente colonizzato, privo cioè di un forte carattere nazionale.
In Albania nel 1912 il paese ottiene l’indipendenza. Il 1° settembre è firmato un contratto, in italiano, tra Kole Idromeno e il distributore austriaco Josef Strauber. Si affacciano sullo schermo le prime star locali: Aleksander Moisiu, Kristaq Antoniu, Elena Quirici.
In Egitto nel mediometraggio L’onore del beduino (1918) esordisce come attore Mohammed Karim, poi anche importante regista di questa cinematografia.
In India è il fotografo Dadasaheb Phalke ad essere considerato il padre della cinematografia nazionale con una prima produzione nel 1913.
L’Austria per ritorsione contro l’attentato di Sarajevo, dichiara guerra alla Serbia il 28 luglio 1914, facendo scoppiare la Prima Guerra Mondiale.
In Giappone nel 1912 si afferma la prima grande casa di produzione, la Nikkatsu, con sede a Tokyo e caratterizzata da un formale conservatorismo.
A Hong Kong il primo film a tutti gli effetti prodotto in questo paese è considerata la pellicola Il filosofo Zhuang Zi mette alla prova la moglie (1912) di Li Minwei.